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Siamo convinti che la Val di Cornia abbia grandi potenzialità per ricostruire un tessuto economico oggi in ginocchio a causa della crisi. Può farlo solo partendo dalle ricchezze uniche e non riproducibili e costruendo una strategia sovracomunale per promuoverle e valorizzarle.
La decisione del comune di San Vincenzo di avviare il procedimento per ampliare le cave di San Carlo e Monte Calvi fino a fonderle in un’unica cava è distante anni luce da questa prospettiva.
Se un simile piano si concretizzasse l’intero massiccio del Monte Calvi sarebbe irrimediabilmente perduto. Qualsiasi ipotesi di sviluppo turistico dell’area, legato al patrimonio naturale, archeologico e paesaggistico (Monte Calvi è un Sito d’interesse comunitario di fama europea per la tutela della biodiversità con al suo interno il parco archeominerario di San Silvestro), sarebbe compromessa in modo irreparabile mentre il settore estrattivo, che garantisce ricadute occupazionali sempre più scarse ed è in profonda crisi, diventerebbe l’unica attività contemplata finché ci sarà qualcosa da scavare. Questo anche grazie alla decisione del comune di Campiglia che ha cancellato dalle colline le protezioni ambientali e ha già deciso nel 2017 di rinnovare le concessioni estrattive senza un limite temporale, ampliando di altre tre ettari la cava di Monte Calvi.
Questa scelta impoverisce San Vincenzo, Campiglia, Sassetta, Suvereto e Piombino. Colpisce la leggerezza con cui le Istituzioni assistono ad un così rilevante danno per la comunità intera.
Il futuro della Val di Cornia non può essere quello di distruggere le colline, consegnare le coste alla speculazione e ammassare rifiuti speciali e speciali pericolosi a Piombino.
“Gruppo 2019”